martedì 8 luglio 2014

POLITICHE FAMILIARI

È sotto accusa la politica tedesca per l’infanzia. I genitori che non mandano i figli all’asilo nido pubblico ricevono dallo Stato 100 euro al mese: questo ha spinto molte famiglie povere o immigrate a rinunciare ad asilo e (spesso) possibilità di impiego per la madre in cambio dei 100 euro sicuri e subito. Che da questo agosto salgono a 150.
Ma andiamo con ordine. Dal 1 agosto dell’anno scorso le famiglie che rinunciano a mandare i figli all’asilo nido ricevono un assegno mensile di 100 euro, a partire dal quindicesimo mese di vita dei piccoli e fino al terzo anno. Adesso, 12 mesi dopo la partenza della nuova politica, l’ ”Istituto tedesco della gioventù” e l’Università di Dortmund hanno realizzato un sondaggio su un campione di 100 mila genitori. Ne è uscito che il 54% dei padri e delle madri senza un titolo di studio universitario non manda i figli al nido per ricevere l’assegno a tre cifre. La percentuale crolla ai livelli di istruzione superiori: 14% tra i genitori laureati e 8% tra i docenti universitari.

Le differenze proseguono tra le famiglie immigrate e quelle di estrazione tedesca: il 25% delle prime ha scelto l’opzione “figli a casa” per incassare i soldi, contro il 13% delle seconde. Eppure – sottolineano i commentatori – sarebbero proprio le famiglie straniere ad aver bisogno degli asili nido per una migliore integrazione dei figli.

Il dibattito è poi proseguito anche su altri fronti più prettamente pedagogici: c’è per esempio chi sostiene – soldi o no – che i primi tre anni di vita un bambino debba passarli a casa vicino a uno dei genitori, nel caso il padre o la madre possano permettersi di non lavorare. E qui l’assegno può aiutare. Ma – ribattono i critici – siccome normalmente è la mamma più che il papà a restare a casa, allora può succedere che qualche madre abbia rinunciato a cercare un lavoro – magari sottopagato, magari ultraprecario – in cambio di 100-150 euro al mese, più la possibilità di stare con il proprio figlio, più i risparmi sulla baby sitter. Così, alla fine, la politica per l’infanzia si sarebbe trasformata in una mossa che non aiuta la promozione della donna nel mondo del lavoro. E tutto questo nonostante in Germania la situazione occupazionale sia decisamente migliore rispetto, per esempio, a quella italiana.

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